Social media: sta finendo un’era

I social media sono in crisi e i numeri di questo tracollo sono da spavento.

Twitter ha il quartier generale chiuso mentre scrivo, dopo aver registrato centinaia di dimissioni seguite all’appello di Musk a immolarsi per la causa. Facebook ha licenziato 11 mila persone a causa delle perdite di soldi recenti. Non sta meglio Snapchat, ancora alla ricerca di ricavi che la sostengano dopo anni. Instagram è sotto attacco per la sua preferenza algoritmica a raccomandarti contenuti invece di farti vedere i contenuti degli amici (Facebook sta facendo pari pari). Dal primo gennaio del 2022 tutte le aziende social hanno perso più o meno metà del valore in borsa.

Le ragioni della crisi

Se ne parla davvero a vanvera. Pochi sanno la verità su questo momento, me compreso, ma so quello che non bisogna fare. Non devi pensare che la crisi dei social media sia data da questo anno. Le ragioni vanno colte guardando un quadro più ampio.

La storia recente del mondo dei social network è costellata di scandali, è terremotata dalla distorsione del primo scopo di queste piattaforme (connettersi) con il secondo (fare miliardi). Di più: è stata resa un calvario dalla finanza che ha liberato capitali che hanno fatto crescere queste aziende troppo velocemente. Ancora: è stata presa a spallate dal proliferare degli estremismi, dei populismi, dell’odio. E ancora: è stata presa di mira dai produttori di smartphone che hanno sbarrato la strada al furto continuo dei dati dell’utente. Aggiungo: è stata complicata dal disinnamoramento degli utenti (stufi dei modi d’uso cui li hanno obbligati le piattaforme per sparargli addosso la pubblicità) e dall’arrivo del web decentralizzato. Infine: è stata sorpassata dall’arrivo del metaverso (approcciato molto male).

Sono anni che vacillano

Se uno come Musk entra in ufficio con il lanciafiamme (metaforico) per far fuori mezza forza lavoro le cose sono due: o ha perso la brocca o ha visto i costi. Se uno come Zuck si libera di 11 mila persone non può essere un abbaglio: sa cose che noi tapini non sappiamo. Sono anni che i social media bivaccano in crisi di idee più che di soldi, ma la spallata più grossa gliel’ha data Apple quando ha bloccato la tracciabilità dei dati dei social rimettendola in mano agli utenti. Da lì le pubblicità sui social di Zuck son diventate farlocche per loro stessa ammissione e la carneficina non era ancora all’orizzonte.

Poi c’è stata la pandemia che ha accelerato la digitalizzazione degli umani, costretti a usare le piattaforme di connessione sociale per mantenere legami, lavoro, acquisti, necessità anche primarie. Sembrava che il mondo dovesse virtualizzarsi e che questa spinta fosse definitiva. Ebbene non è stato così.

Il rinculo post covid e del resto

Dalla pandemia siamo usciti con milioni di morti e con una spinta decisa verso il ritorno al modo normale con cui facciamo le cose. Anche lo smart working è sparito, più o meno, dai radar oppure è diventato una soluzione marginale per il lavoro. Le aziende tech che avevano spinto sulla crescita e avevano scalato verso l’alto le forze lavoro, si sono ritrovate con troppi addetti e hanno iniziato a tagliare. Per questo motivo gli esperti di economia degli Stati Uniti parlano di una crisi delle big tech in generale che ricorda quella della new economy. Ti ricordi? Tutto sembrava possibile e le aziende passavano da 50 a 5 mila dipendenti da un giorno all’altro. Poi scoppiò tutto e rimasero in piedi solo le aziende che avevano costruito seriamente una catena del valore. Adesso, che viviamo il rinculo del post covid, i social media e le altre tecnologiche, soffrono e licenziano.

Tremilasettecento

Sono 3700 le persone licenziate da Twitter. Pare che fra questi ci sia anche uno degli addetti alla sicurezza che si curava degli accessi in ufficio al quartier generale. Per questo motivo gli uffici sono chiusi, perché la gente non riesce a entrare con il suo badge. Sembra una cosa simbolica dello sbando totale nel quale versano i social media. Se vuoi leggere una splendida analisi sull’era dei social media alla fine vai pure su The Atlantic cliccando qui.

Il motivo per cui i social media stanno perdendo la brocca, tuttavia, è più ampio e va pensato anche considerando il cambiamento dell’uso dei social stessi che ne fa la gente. Ok, c’è ancora una grande massa che utilizza i social network nel modo in cui è stata abituata dalle leggi dell’economia di queste reti. Ci avevano promesso la connessione tra le persone e, invece, hanno trasformato tutto nella condivisione di media e di contenuti, ma soprattutto nella profilazione dell’utente e nella proposizione, a suon di notifiche invasive, della più stronza forma di pubblicità della storia. Quella in grado di trapanarmi il cervello e di crearmi bisogni d’acquisto di cose di cui puoi fare a meno.Ora i socialnauti sembra abbiano detto basta.

Si cercano nuove strade

Gli utenti vogliono usare i social per avere connessioni e scambi di valore. Vogliono tornare all’origine dei social network. I social, invece, vogliono trovare modo di sostenersi alla fine della grassa era (almeno per alcuni tipo Facebook) della pubblicità profilata. Le trimestrali delle aziende che reggono le reti sociali, per la prima volta, hanno registrato perdite per due volte di fila.

Gli utenti spengono account o migrano verso altri posti, si prendono pause o si disinteressano. Sta nascendo un socialnauta di tipo diverso. D’altronde anche i social network si stanno modificando. Sono passati da un governo basato sugli algoritmi che massimizzano la tua permanenza sulla piattaforma all’epoca dei recommended media (cioè i contenuti “suggeriti” per te, ma non da una fatina buona, intendiamoci), ma ancora non basta.

I social media, stanno creando, infatti, soluzioni a pagamento con nuovi servizi. Già, sta per finire anche l’epoca dei social media gratis come testimonia il maldestro tentativo di Musk e del suo Twitter Blue a pagamento a 8 dollari al mese. Oppure Snapchat Plus che vedi qui sotto tratto dal mio telefonino.

Snapchat Plus

Il caso Mastodon

Poi c’è un altro movimento che è diventato significativo. Si chiama Mastodon ed è un social network molto simile a Twitter, ma molto diverso nella sua essenza. Ti dico quello che ci ho capito, ma prima devo isparlarti di un nuovo concetto del web, di un web decentralizzato: il fediverso.

Si tratta di un concetto che unisce in una federazione, quindi in una serie di collegamenti, diversi server che ospitano diversi mondi sociali. Per andare su Mastodon, infatti, la prima cosa che devi fare è sceglierti una comunità, chiamata “istanza”. Devi, per dirla facile, sceglierti un server che viene gestito separatamente dagli altri e viene “alimentato con il crowd funding.

Mastodon via browser.

Qual è la differenza sostanziale? Ce ne sono molte. Il feed, per esempio, è solo cronologico. Cioè quando pubblichi compari nel feed di chi sta seguendo te o l’argomento (hashtag) di cui parli. Poi sparisci. Niente algoritmo. I dati? Te li tieni tu, non li prende il social. Linguaggio pulito, nessun odio, nessun pirla in giro. E se compare lo puoi segnalare e lo fanno sparire. Questo è quello che ci ho capito finora.

Tiriamo le somme sui social media

I social media non sono finiti. Sono finiti i social media così come ce li hanno inflitti. Ora staremo a vedere quali sapranno cambiare modello di business e quali sapranno cambiare senso. Oppure quali nasceranno, come Mastodon, basati su altri valori per il pubblico. Vedremo insieme, io e te, anche quale sarà il destino del nuovo ambiente tridimensionale di connessione sociale: il metaverso.

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