Il 2020 ci ha insegnato, per forza, a coltivare relazioni virtuali.
Il 2021 ci aiuterà a renderle strutturali e a considerarle come parte della nostra esistenza fisica, reale. La scienza ancora non le valuta, l’uomo le percepisce come contatti creati dalla necessità del distanziamento sociale e dalla difficoltà di questo snodo della storia. Le relazioni virtuali, invece, sono una nuova parte della nostra realtà percepita, non fisica, ma di qualità e di senso.
Amicizia virtuale: i giovani la vivono da tempo
Il 2020 è stato l’anno della comunicazione virtuale, del lavoro virtuale, degli incontri virtuali e delle interazioni virtuali. Abbiamo fatto, con i nostri smartphone, i nostri tablet e i nostri pc, azioni e operazioni di grande qualità. Progetti di lavoro, riunioni, colloqui di lavoro, riunioni familiari, chiacchierate con gli amici, giochi, sorrisi, pianti, canti, urla e sussurri. Le fasce più giovani della società hanno fatto di più. Hanno vissuto relazioni virtuali autentiche, aiutati dalla tecnologia e dalle piattaforme di interazioni sulle quali non si sono soffermati a pensare. Hanno semplicemente sfruttato quanto era già a loro disposizione per continuare a vivere la loro realtà. Veloce, insicura, ma certamente non più frenata dalla comunicazione mediata dal mezzo tecnologico. I giovani, queste cose, le vivono da tempo, gli adulti fanno fatica a riconoscerle.
La tecnologia delle relazioni virtuali
Le testimonianze sono dentro gli smartphone delle giovani generazioni. Quello che gli adulti pensano sia la creazione di un mondo fittizio è diventato il seme di un mondo nel quale le relazioni virtuali sono semplicemente relazioni autentiche. La tecnologia, le app, infatti cavalcano veloci questo mondo delle relazioni virtuali al quale sarà il caso di abituarsi. Dando per scontate le app di comunicazione virtuale come Zoom, Meet, Teams, Go to Meeting e Skype, grazie alle quali abbiamo rifondato il nostro modo di lavorare e di parlare con gli altri, nel mondo delle relazioni virtuali stanno popolando app come Houseparty, Rave e Simulwatch.
Le serate tra amici modello 2020
La prima, Houseparty appunto, è la versione virtuale della riunione tra amici o al pub. Si crea una stanza, si verificano gli accessi all’entrata, si chiacchiera del più e del meno. Si può anche giocare insieme a giochi come Uno o Trivia. Le stanze possono anche essere chiuse a chiave, a beneficio della sicurezza propria e degli amici. “Houseparty is a face to face social network” dice il sito della app. Con questo software per telefonino si può anche creare gruppi di visione di una sessione di gaming e perfino una serata karaoke in compagnia.
Guardiamo un film insieme?
Rave e Simulwatch, invece, fanno condividere la visione di un contenuto. Sia esso un film da Netflix o da Prime Video, ma anche un video dal proprio pc. Un mezzo per condividere emozioni, per commentare le scene struggenti di una storia e per stare lì, seduti vicini anche se distanti. Guardare un film insieme anche senza essere nella stessa stanza aumenta la sensazione di essere presenti nella vita di un’altra persona.
Dal guardare un film insieme ad avere la sensazione fisica di essere insieme il passo è breve. Rave è pieno di stanze nelle quali i ragazzi di tutto il mondo condividono la visione di video e chiacchierano. Certo, i pericoli sono all’ordine del giorno, ma non sono diversi da quelli che viviamo ogni giorno su qualsiasi social network.
Simulwatch è invece italiana ed è una app proprio dedicata alla visione dei film da varie piattaforme. Naturalmente è tutta legata ad acquisti o ad abbonamenti che uno può prendere e condividere in una visione pubblica dando appuntamento agli utenti proprio per una specie di sala virtuale. La chiamano “l’ammazza cinema”, cosa tutta da definire, ma è anche questa una app che precorre i tempi e crea relazioni virtuali di qualità.
I ventenni vanno veloci
Facendo un giro dentro queste app si capisce che sono mezzi tecnologici che rafforzano le relazioni virtuali. Esse assecondano la velocità di creazione dei rapporti di cui hanno bisogno i giovani. Poche mediazioni, contatto diretto solo tramite app, ma per creare meccanismi di relazione sociale che sono governati da leggi dure (chi si comporta male viene sbattuto fuori dalle stanze di discussione) e molta attenzione. I ventenni vanno veloci e non hanno tempo da perdere. Sanno difendersi meglio degli adulti in questi ambienti virtuali. Coltivano relazioni vere e immediate, rapporti virtuali che presto diventano reali quando la morsa del distanziamento sociale delle restrizioni si allenta.
Il rapporto sull’amicizia virtuale di Snapchat certo non ha i crismi del documento scientifico, ma racconta di un mondo giovanile che non ha perso il senso dei rapporti proprio grazie alle relazioni virtuali. Il 67% degli utenti intervistati da Snapchat, circa 40 mila tra i 13 e i 40 anni, ha sostenuto di non aver avuto contraccolpi nelle sue amicizie a causa della pandemia. Anzi, in alcuni casi si sono rafforzate. Dai uno sguardo al report per capire come il mondo delle relazioni attraverso una app sia cambiato. E non in peggio, a quanto è dato capire.
Snap_Inc._The_Friendship_Report_2020_-Global-Il concetto della co-presenza
Su cosa si basano le relazioni virtuali? Sulla co-presenza, come spiega Donya Alinejad, una ricercatrice dell’Università di Utrecht impegnata proprio nell’interpretazione dei risultati del Friendship Report di Snap inc. “La comunicazione visiva – sostiene la dottoressa Alinejad – è importante perché induce al pensiero di una relazione prossima, la quale è più qualitativa se chi interagisce ha bisogno di supporto emotivo”. Questi territori di ricerca sono ancora fondamentalmente inesplorati, perché la psicologia non si è ancora distaccata dal concetto di “relazione virtuale uguale relazione non autentica”.
Il ritardo della psicologia
Sembra davvero allarmante il ritardo con il quale la psicologia non ha accolto le relazioni virtuali come parte del vissuto reale. Da molte parti, in molte correnti di questa disciplina si continua a considerare la virtualità come un rifugio e la dipendenza dalla connessione come un disturbo del comportamento. Per fortuna c’è chi va in direzione ostinata e contraria come Massimo Giuliani, psicoterapeuta e scrittore fra i pilastri del centro di Terapia della Famiglia di Milano. Ecco un suo scritto che mette in evidenza la necessità di trattare la relazione virtuale come una relazione vera e propria.
La patologia è la separazione
Ti conviene leggere lo scritto di Giuliani per comprendere come si debba interpretare adeguatamente la propria vita online e la propria esistenza offline, come parti complementari dello stesso vissuto percepibile. Il vero problema, la vera malattia della relazione è la separazione tra questi due mondi in cui si può accadere se si dimenticano le leggi del vissuto fisico quando si entra in quello virtuale e viceversa.
“La psicologia è entrata con sospetto in questo territorio delle relazioni virtuali, commettendo un errore”, ha sottolineato Giuliani ad Algoritmo Umano. “Già, perché è ormai realtà che le nostre vite siano dense di questi intrecci virtuali e fisici. Intrecci che i giovani sanno interpretare molto bene e dentro i quali dobbiamo imparare a stare anche noi adulti”.
Le relazioni virtuali sono relazioni vitali
Lo stesso Giuliani è da anni un promotore di un diverso approccio della psicologia nei confronti delle relazioni sociali virtuali. Da autore e curatore ha dato alle stampe, per esempio, “Il primo terremoto di Internet” (edizioni Durango). Si tratta di un libro nel quale lui, aquilano di nascita, con altri studiosi e autori, ha portato tutti dentro un fatto traumatico come il terremoto che ha sconvolto la sua città, L’Aquila appunto, il 6 aprile del 2009. Lo ha fatto concentrandosi sull’uso salvifico e terapeutico della narrazione di quell’evento che è avvenuta lungo le linee di connessione del web, dei siti e dei social. Lungo il potere della rete di creare relazioni virtuali consistenti.
Su blog, social, sulle app di comunicazione che allora già c’erano e che hanno fatto in modo di far tenere la barra dritta a coloro che stavano perdendo il senno a causa della tragedia: su tutti questi strumenti si è sviluppata un’umanità vera e una relazione intensa, anche se mediata dalla tecnologia. Una serie di relazioni virtuali che ha permesso a molti di non cadere nella follia. Questa è una delle tante prove che le relazioni virtuali sono relazioni vitali.
Il 2021 delle relazioni virtuali è tutto da costruire
Algoritmo Umano ha inteso sviluppare l’argomento per dare ai suoi lettori uno squarcio su un mondo che vivremo in modo sempre più intenso: quello delle relazioni virtuali. Il pensiero è che il 2021 possa essere l’anno nel quale questo tipo di interazioni potrà diventare strutturale e assumere una dignità pari a quella delle relazioni fisiche. Certo, c’è un cambiamento dell’approccio da fare, un movimento della cultura e delle istituzioni, della scuola e degli ambienti sociali. Se vogliamo che le relazioni sociali virtuali abbiano valore non dobbiamo dimenticarci di dare loro delle regole che siano uguali a quelle delle relazioni fisiche. Altrimenti continueremo a restare nella patologia della separazione di questi mondi, il virtuale e il fisico, i quali ora sono sempre di più facce complementari della nostra vita reale. Il 2021 delle relazioni virtuali, quindi, è tutto da costruire: cominciamo?
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