5g: le aziende valgono più degli stati

In questi mesi c’è stato un cambiamento ormai definitivo nella mappa sociale della nostra epoca.

La guerra del 5g in corso tra Cina e Stati Uniti ha sancito in modo chiaro come, nel consesso mondiale, le aziende valgano di più dei semplici stati. Lo testimonia il caso macroscopico della Huawei che sta battagliando, a colpi di diplomazia e incontri, contro il governo degli Stati Uniti e quello inglese che l’hanno messa o stanno per metterla al bando, in quanto produttore delle infrastrutture più performanti e più economiche per la creazione delle infrastrutture di comunicazione cellulare di quinta generazione. La cosa, però, incide sulle nostre vite, visto che la regolamentazione sui dati della nostra privacy è condizionata dalle voglie e dai termini di servizio che le aziende stilano, modifica le nostre vite in modo più netto di qualsiasi istituzione governativa o sociale.

Il caso Huawei

Algoritmo Umano si attenterà profondamente sul discorso del 5g, ma per ora è il caso di limitarsi al rapporto tra l’azienda emanazione del governo cinese e gli altri stati. Da mesi gli Stati Uniti fanno la guerra al colosso di Shenzhen preoccupati dalle falle che l’infrastruttura 5g cinese potrebbe presentare una volta installata e portare a vantaggio dei cinesi la possibilità di dare un’occhiatina privilegiata al fiume di dati che si scatenerà fra poco tempo. In questo periodo anche la Gran Bretagna di Boris Johnson ha messo nel mirino la Huawei la quale ha dapprima risposto con diplomatiche minacce di lasciare l’isola (con ricadute pesanti sull’occupazione) e poi si è messa a cercare un incontro con i vertici del paese della Regina Elisabetta.

D’altronde la Huawei può condizionare anche i flussi interi degli interessi economici tra la Cina e i paesi che sono in guerra con lei e così ha fatto con gli inglesi, costringendoli a miti consigli dopo la mancata materializzazione di investimenti da un miliardo di sterline nella città, per esempio, di Sheffield. In questo clima Huawei spera che Johnson sia presto rovesciato elettoralmente, ma il 22 luglio 2020, nel frattempo, riceverà un documento del governo inglese che intende pianificare il rapporto con il colosso cinese. Insomma, aziende e governi se la vedono alla pari.

Se la Huawei parla con l’Argentina e con l’Italia

Il 12 luglio 2020 le agenzie internazionali hanno iniziato a parlare di un incontro tra i vertici Huawei e il governo argentino, con il 5g come focus della discussione. Massima apertura dell’esecutivo di Buenos Aires alla collaborazione così come è successo in Italia, quando il Ministro degli esteri in carica Luigi Di Maio ha incontrato i vertici della multinazionale. Apertura che, peraltro, si è un po’ modificata dopo un incontro tra la Farnesina e l’ambasciatore Usa che ha alimentato voci di retromarcia dell’Italia nei confronti di Huawei (intanto Tim ha tolto Huawei dai fornitori…). Anche il Premier Conte è irritato dalla questione cinese che, a suo avviso, superficialmente era stata avviata a fine 2019 da Di Maio, ma c’è un freno che interviene prima di ogni considerazione politica: il costo.

La curva verso altri fornitori delle infrastrutture 5g, infatti, costerebbe 220 milioni circa in più negli anni, come riferisce l’agenzia italiana Agi. Il discorso si amplia, perché nella contesa, c’è anche Ericsson.

La risposta svedese tanto cara agli Usa

C’è un secondo player nel mercato del 5g, vale a dire l’azienda svedese Ericsson. Intanto l’azienda contesta a Huawei la questione costi, affermando che i costi contenuti sono figli di di antenne vecchie del 4g di Huawei sulle quali l’azienda di Shenzhen vuole costruire la nuova infrastruttura. Antenne che, in breve tempo, andrebbero sostituite aumentando i costi finali più o meno al livello del fornitore a svedese al quale guarda con interesse l’Amministrazione Trump.

In questo momento proprio Tim ha iniziato la curva di avvicinamento contro la monobanda ultra larga (appunto la Huawei con i suoi costi un po’ più accessibili) siglando accordi con Ericsson per le infrastrutture 5g. Insomma, anche in questo caso, l’azienda Tim, pur ammettendo che “non è una scelta politica”, ha aperto la strada a un cambiamento che coinvolge il Governo italiano condizionandone il movimento. Resta il fatto che la Ericsson è la risposta a Huawei che Trump, Johnson e Conte stesso guardano con attenzione ed è un’azienda che si è già mossa sullo scacchiere mondiale prendendo contatti e siglando accordi con diversi paesi.

Aziende come stati, il caso Tortoise.

Tortoise, medium di nuova generazione nato a Londra, ha affrontato mesi fa una nuova serie di inchieste trattando le aziende come se fossero stati. Il format si chiama “Tech Nations” e tratta le company della tecnologia come nazioni, perché delle nazioni hanno il potere, i soldi, la possibilità di controllo e quanto altro serve per considerarle come tali. Aziende come Apple, Amazon, Google, Huawei e altre, sono nazioni per la potenza con la quale cambiano i contesti sociali. Le aziende, poi, fanno le guerre come attori protagonisti, come bracci armati dei governi che le controllano o le influenzano in qualche modo. Tortoise ha individuato per primo questa tendenza, ma in questi giorni la tendenza è diventata fatto e abitudine. La guerra del 5g è la conferma, le aziende valgono come e più delle nazioni.

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