Internet nella Costituzione, diritto da scrivere

Il Capo del Governo Italiano, Giuseppe Conte ne ha riparlato, ma il dibattito su uno delle fondamenta su cui si dovrebbe basare la costruzione del nostro futuro non è ripartito: stiamo parlando della necessità di mettere Internet nella Costituzione.

La diretta del premier italiano.

Il giorno è il 6 aprile del 2020. Il Premier italiano racconta agli italiani in diretta “multicanale” il decreto per le imprese con il quale immette 400 miliardi di garanzie bancarie nel tessuto economico italiano. Una domanda di Luca Mariani, giornalista dell’AGI, inchioda Conte alla necessità di una risposta sull’accesso a Internet che, in questi periodi, è diventato così vitale per tutti, ma per molti, troppi umani, in Italia, è ancora chimera. Godetevi la spettacolare domanda e la spettacolare risposta dal minuto 32’04”

La diretta YouTube della conferenza stampa nella quale Conte riparla di Internet nella Costituzione.

Parole importanti, ma al vento (per ora)

Sono molti i passaggi interessanti del discorso di Conte sulla necessità di rimettere al centro dell’attenzione il fatto che il corretto accesso a Internet va posto nella Carta Costituzionale del nostro paese. Uno fra i tanti colpisce. In sintesi conte dice questo: Internet è e sarà sempre di più il mezzo di partecipazione attiva e il modo con cui il singolo contribuirà alla creazione della comunità nazionale. In questo momento ancora di più. Sono parole importantissime che dovrebbero far drizzare le orecchie a tutti i notisti politici. Invece niente. Già, perché la situazione di emergenza del paese ha mandato nel dimenticatoio rapidamente la questione. Un errore, perché nella nuova società che affronteremo, l’essere o non essere cittadini sarà direttamente collegato all’avere o non avere un buon accesso al web.

Per prevenire la macelleria sociale digitale, bisognerebbe, infatti, affrontare subito il problema e garantire le strutture necessarie a tutti per essere dentro la società digitale. Per il momento non è così, ma Algoritmo Umano intende mantenere l’attenzione alta su questo concetto e su questo diritto. Solo comprendendo il diritto a Internet nella cultura della nuova società potremo scrivere un futuro equo per tutti. Altrimenti si annunciano problemi di differenze sociali figlie della lontananza di alcuni settori della nostra popolazione dalla Rete.

La storia del diritto di accesso a Internet.

Si tratta di una nuova situazione giuridica che cerca legittimazione da un decennio, in seguito alla diffusione di massa della connessione a Internet. L’accesso a Internet viene concepito come possibilità di entrare nella rete con una buona connessione (è detto anche right to broadband, diritto alla banda larga), per poter esercitare, alla pari con gli altri componenti della sua comunità nella realtà online i propri diritti. Ci si riferisce alla libertà di espressione, all’iniziativa economica privata e così via, ma anche alle proprie libertà fondamentali, attribuendo la responsabilità di tale garanzia agli Stati.

È un diritto per le leggi di diversi stati ed è stato proclamato come tale da diverse organizzazioni sovranazionali. Molte Corti Costituzionali lo considerano un diritto e lo stanno facendo entrare nella consuetudine della giurisprudenza. Il riconoscimento del diritto di accesso a Internet è stato proposto in Italia dal giurista e senatore Stefano Rodotà. Ne parlò il 29 novembre 2010 durante l’Internet Governance Forum che si teneva a Roma quando propose di inserire un articolo 21-bis nella Costituzione. Il testo doveva recitare più o meno in questo modo:

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I della parte I.

Articolo 21 bis della Costituzione Italiana proposto da Stefano Rodotà.

In molti ci hanno provato

Questa proposta di Rodotà è stata raccolta più volte da parlamentari delle legislature susseguenti, ma non ha trovato vero approdo in Parlamento, nonostante i tentativi. Il 30 aprile 2016 è entrato in vigore il Regolamento UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, recante “misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta“. All’articolo 3 il regolamento, punto interessante per il viaggio che separa questo concetto dalla legiferazione vera e propria, snocciolava i seguenti concetti:

Gli utenti finali hanno il diritto di accedere a informazioni […] tramite il servizio di accesso a Internet. […] Il presente regolamento mira a definire norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali“.

Articolo 3 Regolamento UE 30 aprile 2016

Il caso della Regione Umbria.

Su suolo italiano c’è un territorio sul quale è calata una legge, nel 2013, che parla del diritto di accesso a Internet come un vero e proprio valore, come una necessità fondamentale. Splendido il suo articolo 1, comma 3.

La presente legge persegue, in particolare, la finalità di garantire: 

a) il diritto dei cittadini ad accedere ai servizi ed alle reti di comunicazione elettronica in condizioni di parità e neutralità tecnologica, in modo omogeneo su tutto il territorio regionale, con modalità tecnologicamente adeguate e senza ostacoli di ordine economico e sociale;  b) un ordinato sviluppo ed una corretta localizzazione delle reti di comunicazione elettronica, salvaguardando l’ambiente, il paesaggio e il patrimonio storico-artistico; c) lo sviluppo della società dell’informazione, dell’inclusione sociale e della trasparenza;  d) la tutela della salute della popolazione dagli effetti della esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

Comma 3 dell’articolo uno della legge regionale umbra intitolata “Norme in materia di infrastrutture per le telecomunicazioni“ entrata in vigore il 14 gennaio 2014.

Il senso di Stefano Rodotà ripreso in una carta dei diritti (che non è una legge)

Sentire parlare Stefano Rodotà è sempre stato arricchente. Eccolo mentre descrive le caratteristiche della Dichiarazione dei diritti di Internet elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet voluta da Laura Boldrini e presieduta proprio dallo stesso Rodotà.

Dal canale Youtube della Camera dei Deputati.

La Commissione della Camera dei Deputati si insedia il 27 ottobre 2014 e produce questo documento di grande valore concettuale e nullo valore giuridico:

Il magnifico Articolo 2

Bene, il documento che avete letto rappresenta il punto più alto della discussione sul diritto di accesso a Internet in Italia e sulla sua possibile entrata nella Costituzione, come sognava il senatore Rodotà. Le pagine di questo documento, tuttavia, sono solo una dichiarazione di intenti e niente di più. Il momento che stiamo vivendo, tuttavia, imporrebbe, un altro passo nell’affrontare il problema, il passo di stabilire il concetto di diritto fondamentale dell’accesso equo per tutti a Internet. Solo da fondamenta come queste si può costruire una società equa per un futuro migliore di questo passato.

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